sabato 24 agosto 2013

Favola d'amore

Oggi vi racconto una favola d'amore...

C’erano una volta un uomo ed una donna che insieme dovevano progettare un futuro insieme. Si sedettero intorno ad un tavolo ed ognuno stirò il suo foglio bianco impugnando una penna; avevano bisogno di scrivere tutte le cose che tra loro non andavano ed anche quelle che invece li facevano felici.
Lei scrisse che di lui amava lo sguardo ed il modo in cui la baciava, i sogni e l’amore che le dava; lui invece non riusciva a scrivere nulla, non perchè non trovasse una ragione per amarla, ma perchè nel suo cuore ogni cosa di lei gli procurava gioia, ed era proprio questo sentimento quasi morboso che lei annotò fra le cose colpevoli di turbare il loro rapporto: quel tipo di amore che opprime e fa sentire in gabbia senza possibilità di fuga. Quando lei ebbe terminato di scrivere i “pro” e i “contro” della loro vita insieme, lui stava ancora cercando un aggettivo che potesse descrivere ciò che provava, innervosito scrisse la prima cosa che gli balenò in testa: AMORE. Le bastò però vedere ciò che aveva scritto lei per turbarsi profondamente, dacchè tutto si può chiedere eccetto che cambiare il proprio modo d’amare. Così, tra le cose che non andavano di lei, segnò: preferisce essere amata di meno.
Scambiandosi i fogli uno dei due proclamò : non riusciremo a cambiare niente.
Ma l’altro rispose: ciò che faremo o non faremo non conta, conta solo pensarlo sempre in due.
E così si baciarono andando incontro al rischio più grande: amarsi e basta, scampando però a quella insoddisfazione che spesso attanaglia il cuore di chi, non accettando quel rischio, piange la propria solitudine per anni, fino a quando non torna ad amare sè stesso. L’amore è una possibilità, sta a noi saperla cogliere o fuggirla, ed in ogni caso è bene saper accettare quanto possa cambiare profondamente il nostro modo di vivere lasciando semplicemente che accada….

Differenza smartphone e iphone?

Vi chiedete spesso qual è la differenza fra iphone e smartphone?

Non vi è una vera differenza tra i due termini in quanto l’iPhone è a tutti gli effetti uno smartphone. Tuttavia differenziandoli in questo modo si tende a considerare l’iPhone come prodotto a se stante, come punto di riferimento e di confronto per tutti gli altri smartphone.

Lo smartphone è un telefono evoluto che integra molte funzioni avanzate tra le quali:
  • la connessione al web
  • le funzionalità multimediali (scattare foto, girare video, ascoltare musica)
  • le funzionalità organizzative (mail, calendario, documenti)
  • le funzioni di utilità (calcolatrice, bussola,navigatore satellitare)
  • le funzioni ludiche
  • le funzioni sociali (accedere ai social network, condividere contenuti e informazioni)
Gli smartphone hanno cominciato a diffondersi con i primi Nokia dalle funzionalità avanzate, i primi che integravano, ad esempio, un browser per navigare, una sincronizzazione con il computer e la possibilità di scattare foto. In seguito, visto l’interesse e il successo di questi dispositivi, si sono aggiunti col passare del tempo molti concorrenti.
Oggi l’evoluzione degli smartphone ha portato alla creazione di sistemi operativi dedicati capaci di potenziare le proprie funzionalità scaricando applicazioni.
Nel mercato attuale il punto di riferimento è diventato l’iPhone della Apple inseguito da una serie di dispositivi di varie marche tra le quali HTC, Motorola, Samsung con Android eBlackBerry con RIM .

social network...

Ciao amici, ora vi parlo dei social network perché spesso sentiamo questa parola ma molti di noi non sanno cosa sono...

Cosa è un social network? Il social network è un sito web in cui ogni persona può aprire una pagina, pubblicare foto della propria vita o gridare al mondo il proprio pensiero, non importa quanto inutile sia, e tutto va online. E' molto facile da utilizzare e spesso è collegato anche ad applicazioni con il cellulare, quindi ha un bacino di utenti pari a quello della telefonia mobile persino superiore agli utenti internet. Ogni persona può stringere dei rapporti di amicizia con altre persone ma, a differenza delle vecchie community online, si tratta di amici, colleghi e parenti del mondo reale. Per questa ragione sui social network le persone tendono a presentarsi con il vero nome e cognome, per essere trovati e riconosciuti da chi si conosce già.

In un social network c'è di tutto ma soprattutto la voglia di comunicare. C'è chi comunica in modo emotivo, pubblicando ogni pensiero, e chi comunica in modo professionale, cercando di creare una relazione tra un prodotto e la clientela. Si può guardare che fine ha fatto un ex fidanzata o fidanzato, un vecchio amico o collega. I social network sono un posto che può essere frequentato da tutti, nel bene e nel male, come una qualsiasi piazza di paese ma su scala globale. Può quindi essere un posto piacevole dove passare un po' di tempo, a volte in modo utile ed altre volte inutile, a volte interessante ed altre noioso. E' sicuramente un luogo virtuale per mantenere vivi i contatti con qualche amico, parente o conoscente lontano o del passato.

Ovviamente nei social network c'è anche aggregazione sociale intorno a temi importanti e qualche volta spunta fuori anche qualche talento. Un luogo in cui fare comunicazione dal basso, Basti pensare al ruolo dei social network nelle rivoluzioni in Nord Africa del 2011. E' un posto libero, come del resto lo è anche internet in generale, dove ogni tanto può nascere anche qualcosa di buono. Tirando le somme tra i pro e i contro è comunque sempre un bene che ci siano i social network.

La cioccolata...

Ciao amici, oggi vi parlo di un alimento che praticamente consumiamo tutti chi più chi meno... :) La Cioccolata ahah :)

La storia del cioccolato ha inizio, 4000 anni prima di Cristo, in America centro-meridionale, dove l’albero del cacao cresceva spontaneamente lungo i bacini dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni. I primi ad intuire le virtù nutrizionali di tale pianta furono i Maya, che intorno al ‘600 d.C.,la introdussero nella penisola dello Yucatan. Grandi coltivatori ne furono anche gli Olmechi e i Tolteci, che prima dell’invasione degli Aztechi, estesero ulteriormente la produzione del cacao, spingendosi fino alle zone interne dell’odierno Messico.

Oltre ad essere un alimento, il cacao era per i Maya anche una moneta e con gli Aztechi, il cui sistema monetario era proprio basato sulle fave di questa pianta, entrò definitivamente nella storia. L'unità standard di misura del cacao risalente ai Maya era la carga, che equivaleva a 24.000 mandorle e al carico che si poteva portare alle spalle; la carga si componeva di tre xiquipil da 8.000 fave, ognuno dei quali equivaleva a 21 zontles da 400 fave. Xoconochco, paese da dove proveniva uno dei migliori cacao del mondo, pagava una tassa annuale di 200 carghe, mentre Tabasco pagava 2.000 xiquipils. Molti indigeni erano spensierati e preferivano bere il cacao piuttosto che arricchirsi. Hernandez (1572) riporta che gli indigeni avevano una vita allegra, non si preoccupavano dell'avvenire e godevano dei beni temporali della natura utilizzando i semi del cacao al posto della moneta. Un esploratore del centro America ricordò, al ritorno da un suo viaggio, che con 4 semi di cacao si poteva comprare una zucca, con 10 un coniglio, con 12 una notte con una concubina e con 100 uno schiavo.

Quest’antica popolazione comunque, attribuiva ai semi soprattutto un valore mistico e religioso. Dopo essere stato tostato, macinato, mescolato con un liquido e sbattuto fino a diventare spumoso, il cacao veniva servito come xocolatl. Questa bevanda dall’aspetto schiumoso, amara e scarsamente gustosa somigliava molto poco al cacao dolce e gradevole che apprezziamo tutti, tuttavia gli Aztechi consumavano il xocolatl per eliminare la fatica, stimolare le forze fisiche e mentali, e consentire, così, la trascendenza.

Come per tutte le piante di elevato significato sociale e simbolico, anche il cacao vantava origine divina. 
Molti secoli or sono, una principessa, lasciata a guardia delle ricchezze dello sposo, un grande guerriero partito a difendere i confini dell'impero, venne assalita dai nemici che, invano, tentarono di costringerla a rivelare l’ubicazione del tesoro.

Per vendetta venne uccisa e, dal sangue versato dalla fedele sposa, nacque la pianta del cacao, il cui frutto nasconde un tesoro di semi, “…amari come le sofferenze dell'amore, forti come la virtù, lievemente arrossati come il sangue”.
 Con questi frutti, il marito Topiltzin Quetzalcoàtl (“Serpente Piumato”) volle riconoscere ed esaltare la fedeltà pagata con la morte, dell’amatissima moglie. La stessa fedeltà che, nell'immenso impero azteco, legava i sudditi all'imperatore.
Il vedovo Quetzalcoatl, ammalato e sofferente per la terribile perdita,un giorno bevve una pozione magica offertagli da uno stregone che invece di guarirlo LO portò a smarrire completamente il senno.
Si narra che il povero re fuggì verso il mare, dove trovò una zattera di serpenti aggrovigliati e si allontanò scomparendo misteriosamente.
Ma prima di abbandonare quel mondo, Quetzalcoàtl promise che avrebbe fatto ritorno per riprendersi il suo regno, nell’anno posto sotto il segno del Ce-acatl.
Il seme dell’albero di cacao fu chiamato, in suo onore, dapprima cacahualt e poi chocolatl, anticipatore della parola con cui oggi e conosciuto e apprezzato in più di trecento lingue del mondo.

La data ufficiale della "scoperta del cacao" è il 30 luglio 1502, giorno in cui gli Aztechi, andati incontro alla Santa Maria offrirono a Cristoforo Colombo, durante un suo quarto e ultimo viaggio alla ricerca dell'oro, oltre a tessuti e cuoio lavorato, anche la loro moneta, cioè "mandorle" di cacao. Infatti  quando Cristoforo Colombo sbarcò sull’isola di Guanja, al largo dell’Honduras, gli indigeni lo accolsero offrendogli una tazza di xocolatl. Il sapore intenso e amaro di questa bevanda non fu gradito dagli scopritori europei, tanto che Cristoforo Colombo non vi diede alcuna importanza. La vera conoscenza della pianta si ebbe pochi anni dopo con il rientro in Spagna di Hérnan Cortéz dal Messico.

La prima licenza italiana per aprire una bottega di cioccolateria risale al 1678, quando Giò Battista Ari ottenne l’autorizzazione e il brevetto di Casa Savoia ad esercitare l’arte del cioccolatiere. In questo secolo comparvero le prime fabbriche di cioccolato, che subentrano ai monasteri e ai conventi. E fu proprio nei laboratori degli artigiani torinesi che impararono l’arte quegli svizzeri, scesi a fare i garzoni di bottega, i cui nomi oggi sono facilmente identificabili nelle marche di alcuni noti cioccolati.

Nel 1732 in Francia, Dubuisson inventò la tavola orizzontale riscaldata con il carbone a legna, che permise all'operaio addetto alla frantumazione del cacao di lavorare in piedi in modo più efficiente.
Nel 1778 sempre in Francia, nacque la prima macchina raffinatrice idraulica della pasta di cacao.

Verso la fine del 1700 ed i primi del 1800, in Inghilterra vengono utilizzate le macchine a vapore per macinare i semi di cacao: ha così inizio la produzione in grandi quantità del cioccolato.

In Olanda, Van Houten inventa una macchina per estrarre il burro di cacao, la bevanda comincia a diventare più fluida e quindi più gradevole.

Alla fine del 1800 lo Svizzero Daniel Peter aggiunge al cioccolato del latte condensato, ottenendo un cioccolato al latte di consistenza solida. Sempre alla fine del 1800, un altro svizzero, Rudolph Lindt, sviluppa un metodo nuovo ed originale per raffinare il cioccolato, il risultato è un prodotto finito estremamente fine: è il cioccolato fondente.

Oggi questo miracoloso ingrediente è universalmente apprezzato e consumato  in tutto il mondo.
  
TIPOLOGIA DEL CIOCCOLATO

Oggi, secondo la normativa vigente, si definisce cioccolato un prodotto costituito da granelli di cacao, cacao magro e cacao in polvere, saccarosio e burro di cacao. La parte secca complessiva derivante dal cacao deve essere almeno il 35%, il cacao magro almeno il 14% e il burro di cacao almeno il 18%.
In commercio ne esiste una varietà notevole, differenti per gusto e forma, a seconda della qualità e della tostatura dei semi di cacao, del procedimento di lavorazione adottato e del gusto del paese nel quale il cioccolato viene prodotto.
I maggiori produttori mondiali di semi di cacao sono i Paesi del continente africano, con in testa la Costa d'Avorio, il Ghana, la Nigeria e il Camerun, da cui derivano le migliori qualità; seguono i Paesi asiatici, con Indonesia, Papua, Nuova Guinea e Malesia, e infine quelli dell'America latina, primi fra tutti Brasile ed Ecuador.
Quanto più elevate sono le percentuali di cacao, tanto migliore è la qualità del cioccolato.
Oltre al cioccolato classico si distinguono altri tipi di cioccolato particolari, i cui nomi hanno una precisa relazione con le percentuali degli ingredienti:

Cioccolato fondente
Questo cioccolato contiene solo pasta di cacao, burro di cacao, zucchero, vaniglia e, a volte, lecitina (un emulsionante) in quantitativi variabili. La percentuale di cacao deve essere almeno del 45% e il burro di cacao il 28%. I migliori risultati in cucina si ottengono quando si impiega del cioccolato con un contenuto di cacao del 50%. Oltre che per essere gustato in tavolette, è adatto per torte e dessert.
Cioccolato extrafondente

Si distingue dal cioccolato fondente perché contiene una percentuale di cacao che può superare addirittura il 70% del peso.Di altissima qualità questo cioccolato è particolarmente adatto per essere consumato in tavolette


Cioccolato al latte

Questo tipo di cioccolato si ottiene con l'aggiunta di latte in polvere. Più precisamente: la sostanza secca derivante dal latte deve essere almeno del 14%, il saccarosio aggiunto non più del 55%, il cacao non meno del 25% del peso. Il cioccolato a latte è caratterizzato da un sapore più dolce e cremoso rispetto al cioccolato fondente, ma non può sostituirlo nella preparazione di ricette da forno, in quanto il suo contenuto di cacao è inferiore e per questo lo si consuma soprattutto in tavolette. Quando lo si fonde occorre prestare particolare attenzione, perché è molto sensibile al calore.

Cioccolato amaro

Dopo l'estrazione della maggior parte del burro di cacao, il cacao residuo viene tostato e ridotto in polvere. Noto anche come cioccolato dei "pasticcieri", il cioccolato amaro si ottiene dalla miscela della pasta di cacao con burro di cacao. Non contiene zucchero né altri aromi, e il suo sapore è amaro e intenso. Per realizzare prodotti da forno, 30 g di questo cioccolato possono essere sostituiti con 20 g di cacao amaro e 15 g di burro, e la dose di zucchero della ricetta dovrà essere adattata di conseguenza.

Gocce di cioccolato

Le gocce di cioccolato nascono negli Stati Uniti per apportare una gustosa modifica ai tradizionali biscotti. Esse contengono un quantitativo di burro di cacao inferiore al cioccolato tradizionale e possono essere di cioccolato fondente, al latte o bianco. Si tratta di un derivato del cioccolato, la cui forma  a goccia si mantiene intatta e per questo ideale per l’impasto di un dolce, ma può essere anche sciolto a bagnomaria.

Pralina di cioccolato

Prodotto della dimensione di un boccone, costituito da cioccolato ripieno o da parti di cioccolato (che può essere di vario genere:cioccolato al latte,al gianduia, bianco,ecc.) e di parti di altri ingredienti, a patto che i pezzi di cioccolato siano in parte o completamente visibili, rispettando la percentuale stabilita dalla normativa europea pari ad almeno il 25% del peso totale del prodotto o da una miscela di cioccolato (cioccolato extra, cioccolato al latte,ecc.) e di altri ingredienti, ad esclusione delle farine di amidi e fecole nonché delle sostanze grasse diverse dal burro di cacao e delle sostanze grasse provenienti dal latte, a condizione che le parti di cioccolato siano pari ad almeno il 25% del peso totale del prodotto.


Cioccolato al gianduia

La paternità di questo tipo di cioccolato è da attribuirsi ai torinesi.
Nel 1806 il cacao aveva un costo elevato ed era difficile rifornirsene a causa del blocco napoleonico, così alcuni cioccolatieri pensarono di miscelare il cacao con le nocciole piemontesi, ridotte in polvere. Si ottenne da questo connubio un cioccolato molto gustoso e più economico. Il cioccolato al gianduia contiene circa il 32% di cacao,da 20-40 g di nocciole macinate per ogni 100 g di prodotto. E’ ottimo da gustare in tavoletta nella versione cioccolato alle nocciole gianduia e cioccolato al latte e alle nocciole gianduia. Lo si usa per farcire e decorare dolci oppure lo si può semplicemente gustare in tavoletta.

La moda...

Cosa ne pensate voi della moda? La seguite oppure no?

Oggi la moda, soprattutto quella seguita dai giovani, è basata sul “casual”, sull’improvvisazione, sull’invenzione creativa.
La moda è la tendenza dell’uomo ad appartenere ad un gruppo sociale, chiamiamolo “fenomeno”, tra l’altro importante,che condiziona e permette di catalogare ogni individuo.
Tra i giovani il fatto di entrare a fare parte di un gruppo sta a significare anche  l’acquisizione di caratteristiche come il modo di vestire che lo rendono simile agli altri.
Tradizionalmente il formarsi delle mode è stato interpretato dagli studiosi come un meccanismo di "imitazione/differenziazione" tra gli individui, che prevede l'esistenza nella società di una struttura a piramide: secondo questa teoria, l’abito adottato dagli esponenti della classe al vertice verrebbe progressivamente imitato dagli strati sociali inferiori, dando luogo a un processo di diffusione che toglie al capo originario la sua caratteristica di status symbol, in grado di differenziare chi lo porta. I ceti superiori sono così spinti a ricercare continuamente nuovi stili propri che a loro volta, col tempo, verranno adottati o imitati, avviando così un processo a catena.

I primi fenomeni di variazione della moda nel campo dell'abbigliamento si sono riscontrati in Italia e in Francia alla fine del Medioevo, con lo sviluppo dell'epoca moderna; nello stesso periodo iniziò anche un processo di sempre maggiore diversificazione tra l'abbigliamento maschile e quello femminile che avvenne anche nei vari ceti sociali. Una volta, come accade ancora tutt’ora, non tutte le persone avevano la possibilità di seguire ciò che dettava la moda creando una certa spaccatura. Basta pensare che gli abiti delle classi popolari si modificarono molto più lentamente fino all'Ottocento, quando la seconda rivoluzione industriale rese più semplice ed economica la produzione di tessuti e abiti. A partire dall'Ottocento si assistette a un ritorno dell’abbigliamento ricercato, soprattutto femminile, legato allo sviluppo dell'alta moda: nacquero infatti i primi atelier dei grandi sarti.
Dopo la prima guerra mondiale, le donne che avevano iniziato a ricoprire ruoli  in passato ricoperti esclusivamente dagli uomini, incominciarono ad aspirare ad abiti pratici e funzionali e ad acconciature semplici: accorciarono le gonne, cominciarono a indossare i pantaloni e a portare i capelli molto corti. Si trattò probabilmente della prima vera e propria rivoluzione nella storia della moda.
Un fenomeno di portata altrettanto sconvolgente fu rappresentato dalla moda giovanile degli anni Sessanta, dalla quale derivò la progressiva affermazione dell'informalità del vestire casual della funzionalità dell'abbigliamento sportivo e, in particolare, dei blue-jeans. Emerse così di conseguenza una nuova figura di stilista, che a partire dagli anni Ottanta cominciò a dettare legge nel mondo del vestire, grazie anche al successo di alcune firme italiane, da Armani a Versace a Ferré.

Tornando alla moda di oggi, si può notare come si tenga conto di molti fattori: l’innovazione, l’accessibilità, l’interesse, la praticità. Si può omai notare, come oggi anche i bambini hanno un loro modo di seguire le mode, ad esempio chiedono ai genitori qualcosa che a loro piace come un gioco, perché è nuovo e diverso ma anche perché gli altri compagni già lo posseggono.
La moda ha maggiore influenza soprattutto tra gli adolescenti perché, essendo in fase di crescita, devono ancora consolidare certezze e l’autostima, il modo in cui ci si veste infatti serve a mio parere a nascondere paure, insicurezze, disagi, mentre per gli adulti può esprimere l’appartenenza ad una classe sociale. Ma essendo le mode sempre momentanee, decadono in fretta e vengono sostituite, rinnovando questo processo. Oggi tutto nasce dal bisogno di far denaro, di proporre e vendere e poi proporre e vendere ancora: è la logica del consumismo.
A dettar moda non sono solo gli stilisti e le persone famose, ma i talkshow, che anche se trasmettono un messaggio negativo ai giovani (da un uso di italiano scorretto o a un linguaggio volgare come nei reality show) lanciano mode e tendenze, ed essendo questi programmi molto seguiti e molto forte la pressione che essi fanno sui ragazzi.
Secondo gli ultimi dettami della moda, bisogna essere magri, palestrati, vestiti in maniera “trendy” o “fashion” per imitare l’idolo musicale, l’ attore del momento. I motivi che secondo me portano a queste scelte sono diversi. Partiamo ad esempio da una dieta equilibrata e associata a un’attività fisica, fa bene alla salute, permettendo di raggiungere gli stessi risultati della chirurgia con l’unica differenza che bisogna avere impegno e fatica. Ma anche il trucco è molto utilizzato e ormai chiunque possiede ne possiede uno nella trousse.  
Sotto la spinta delle pubblicità giungono sempre nuovi prodotti: creme antirughe, mascara per ciglia sempre lunghissime, rossetti per labbra voluminose. Il risultato è che, a fianco di visi “acqua e sapone”, compaiono maschere da carnevale!!
Ma il desiderio di essere e diventare un icona tra gli amici, comporta anche a gravi disturbi che nel passato neanche esistevano: come l’anoressia e quindi la ricerca del fisico da “top model” sembra portare grande parte della ragazzine che pur di seguire questi modelli si arrecano danni. Tutto questo scompiglio, anche se è difficile da accettare è causato dalla moda, che ama più di ogni altra cosa (ad esempio la salute) ragazze sottili, alte ed affascinanti senza badare all’aspetto interiore.
In altre occasioni, il problema si presenta guardando le copertine delle sfilate o i cataloghi di case d’abbigliamento, le cui modelle hanno perennemente scoperta una pancia piatta, con l’ombelico ornato da piercing. Questo sta ad evidenziare come la moda si sia evoluta e che portare i sandali aperti e senza d’inverno o la pancia scoperta sia ormai una cosa più che logica e del tutto normale.
Concludendo, penso che un conto sia vestirsi in un certo modo, magari per delle occasioni importanti ed un altro sia quello di mettere mettersi in mostra. Ognuno poi è libero di coprirsi o scoprirsi la pancia, farsi un tatuaggio o un piercing ma tutto questo penso debba avere un limite; evitando così, di metter in gioco la nostra salute e il nostro intelletto e puntare solo sull’aspetto fisico, dimenticandoci delle cose che alla fine rendono unica la nostra vita e cioè non quello di avere l’ultimo paio di jeans firmati ma stare bene, la famiglia, gli amici un lavoro in pratica godersi la vita non facendosi troppo condizionare da chi utilizza la moda per arricchirsi.

Storia horror...

Vi piacciono le storie horror? Oggi ve ne racconto una, io e i miei amici spesso ce le raccontiamo la sera tardi quando non abbiamo nulla da fare :)


SONO LE 21:40 QUANDO I GENITORI DI LAURA VANNO A FESTEGGIARE CON DEGLI AMICI.
LAURA E A CASA DA SOLA CON SUO FRATELLO MINORE QUANDO AD UN TRATTO SQUILLA IL TELEFONO. LEI RISPONDE MA NIENTE. POI SQUILLA IL CELLULARE CHE PORTAVA IN TASCA, POI ANCORA IL CELLULARE DEL FRATELLO. LA RAGAZZA HA PAURA. SUO FRATELLO DORME ANCORA NEL SUO LETTO. LEI SI CHIUDE iN CAMERA SUA E SI CHIUDE A CHIAVE. SEMBRA CHE GLI APPARECCHI TELEFONICI NON SUONINO PIU. PER TRANQUILLIZZARSI ACCENDE IL TELEVISORE. DOPO CIRCA 10 MINUTI SI SPEGNE DA SOLO. LA RAGAZZA PENSA A UN PROBLEMA ELETTRICO CHE HA FATTO SALTARE LA LUCE A TUTTO IL QUARTIERE. CONTROLLA ALLA FINESTRA, MA LA LUCE MANCA SOLO A CASA SUA. SENTE DEGLI STRANI RUMORI PROVENIRE DALLA STANZA ACCANTO ALLA SUA.
SPAVENTATA E IN PREDA AL PANICO CERCA DI TELEFONARE ALLA POLIZIA, MA IL TELEFONO CELLULARE RISULTA BLOCCATO. LA RAGAZZA E IN PREDA ALLA DISPERAZIONE. SONO LE 23: 10 QUANDO AD UN TRATTO DECIDE DI USCIRE DALLA SUA STANZA.
ENTRA NELLA CAMERETTA DEL FRATELLO PER CONTROLLARE SE STAVA BENE. TUTTO APPOSTO IN QUEL MOMENTO. SI MISE A SEDERE VICINO A LUI. LE LENZUOLA ERANO BAGNATE ED EMANAVANO UN CATTIVO ODORE. SE L'ERA FATTA ADDOSSO. LE LUCI SI ACCESERO DI BOTTO. LA RAGAZZA EMISE UN URLO SPAVENTATA DALLA VISTA DEL FRATELLO SGOZZATO CON I POLSI TAGLIATI IMMERSO IN UN LAGO DI SANGUE. OH SANTO DIO, LA RAGAZZA SENTI DEI PASSI PROVENIRE DAL CORRIDOIO. LAURA SCAPPO INCIAMPO' E BATTE LA TESTA... A RITORNO I GENITORI TROVARONO IL FIGLIO MINORE SGOZZATO NEL SUO LETTO, E LAURA SDRAIATA NELLA SUA CAMERETTA CON UN COLTELLO IN MANO INSANGUINATO.
SULLO SPECCHIO DELLA SUA STANZA C'E ANCORA SCRITTO: "COSI IMPARI A NON VOLERMI AMARE!".
LAURA ALLORA 16 ENNE. VENNE RICOVERATA NELL'OSPEDALE PSICHIATRICO PER OMICIDIO COLPOSO, E LI MORI STRANAMENTE DOPO 6 MESI CIRCA. ADESSO L'OSPEDALE E ABBANDONATO, E SI DICE CHE LA RAGAZZA GIRI PER I SUOI CORRIDOI IN CERCA DI VENDETTA...

Barzelletta lunga lunga

Ciao amici :) vi piacciono le barzellette ma finiscono sempre troppo in fretta? Leggete questa lunga allora :) spero che vi piaccia e che vi faccia sorridere...

Un importante politico (scegliete voi chi!),maldestramente scivola e muore.
Arriva alle porte del Paradiso, dove l'attende paziente San Pietro:
"Benvenuto in paradiso, eminenza. Prima di farla accomodare, devo purtroppo anticiparle che abbiamo un piccolo problema da risolvere.
Vede, e' molto raro che un politico d'alto rango arrivi qui, e la verita' e' che non sappiamo cosa fare con lei. Cosi' abbiamo deciso di farle trascorrere un giorno all'inferno e uno in paradiso, cosicché lei possa scegliere liberamente dove trascorrere la sua eternità"
San Pietro accompagna il nuovo arrivato all'ascensore e questi scende, scende fino all'inferno. Si apre la porta e il politico si trova in mezzo ad un verdissimo campo di golf.
In lontananza intravede un lussuoso club house; davanti, tutti i suoi amici politici che avevano lavorato con lui. Gli corrono incontro e lo abbracciano commossi, ricordando i bei tempi andati, quando tutti insieme si arricchivano alle spalle degli italiani.
Decidono di fare una partita a golf e poi cenano tutti assieme al club house con caviale e aragosta.
Alla cena partecipa pure il diavolo, che in realta' si dimostra essere una persona molto simpatica, cordiale, e divertente.
Il politico si diverte talmente tanto che non si accorge che e' gia' ora di andarsene.
Tutti gli si avvicinano e prima che parta gli stringono calorosamente la mano, lasciandolo triste e profondamente commosso.
L'ascensore sale, sale e si riapre davanti alla porta del paradiso, dove San Pietro lo sta aspettando.
Il politico passa le successive 24 ore saltellando di nube in nube, suonando l'arpa, pregando e cantando. Il giorno e' lungo e noioso, ma finalmente finisce. Si presenta finalmente San Pietro che gli chiede: "Eminenza, ha trascorso un giorno all'inferno e uno in paradiso, ora puo' scegliere democraticamente dove trascorrere l'eternita'"
Il politico riflette un momento, si gratta la crapa e dice: "Beh, in paradiso e' stato tutto molto bello, pero' credo che sia stato meglio all'inferno".
Allora San Pietro scrolla le spalle e lo accompagna all'ascensore.
Scendi, scendi, giunge all'inferno.
Quando le porte si aprono, si ritrova in mezzo ad una terra deserta piena di immondizie sparse dappertutto.
Vede tutti i suoi amici in tuta da lavoro che raccolgono il pattume e lo depositano in sacchi neri di plastica.
Il diavolo gli si avvicina e gli mette un braccio attorno al collo, in segno di benvenuto.
"Non capisco..." balbetta il politico "... ieri qui c'era un campo da golf, e un club house, e abbiamo cenato a base di aragosta e caviale, e ci siamo divertiti un sacco.
Ora la terra e' solo un deserto pieno di spazzatura e i miei amici sembrano dei miserabili".
Il diavolo lo guarda, sorride e gli dice:
"Amico mio, ieri eravamo in campagna elettorale. Oggi, hai gia' votato per noi"

Fiaba di Pollicino :)

Amici vi piacciono le favole? A me mia mamma quando ero piccola me le raccontava sempre... oggi vi posto quella di pollicino :) quanti bei ricordi ;)

C'era una volta uno spaccalegna e una spaccalegna, che avevano sette bimbi, tutti maschietti. Il maggiore aveva solo dieci anni e il più piccolo sette. Come mai, direte, tanti figli in così poco tempo? Gli è che la moglie andava di buon passo e non ne faceva meno di due alla volta.
Era poverissima, e i sette bimbi gl'incomodavano assai, visto che nessuno di essi era in grado di buscarsi da vivere. Per giunta di cordoglio, il più piccino era molto delicato e non apriva mai bocca, sicchè si scambiava per grulleria quello che era un segno di bontà di cuore. Era piccolissimo, e quando venne al mondo non era mica più grosso del pollice, ed è però che lo chiamarono Pollicino.
Questo povero bimbo era il bersaglio della casa, e sempre a lui si dava il torto. Era però il più sennato e fine di tutti i fratelli, e se poco parlava, ascoltava molto.
Venne una gran brutta annata, e tanta fu la carestia, che quella povera gente decise di sbarazzarsi dei piccini. Una sera che questi erano a letto, lo spaccalegna disse tutto afflitto alla moglie, seduta con lui davanti al fuoco: "Tu vedi che non possiamo più dar da mangiare ai piccini; vedermeli morir di fame sotto gli occhi non mi dà l'animo, e ho deciso di menarli domani al bosco perchè vi si sperdano. La cosa sarà facile; quando li vedremo occupati a far fascinotti, tu ed io ce la svigneremo. — Ah! esclamò la moglie, e avrai proprio cuore di far smarrir i figli tuoi?" Aveva un bel parlare di miseria il marito, la poveretta non si faceva capace; era povera sì, ma era la loro mamma.
Se non che, considerando quanto avrebbe sofferto a vederli morir di fame, finì per acconsentire e se ne andò a letto, piangendo.
Pollicino aveva intanto udito ogni cosa, perchè essendosi accorto che discorrevano di affari, era sgusciato fuori dal suo letticciuolo e s'era insinuato sotto lo sgabello del padre. Andò subito a ricoricarsi, nè chiuse più occhio, pensando a quel che avesse da fare. Si alzò di buon mattino e se n'andò sulle rive d'un ruscello, dove s'empì le tasche di pietruzze bianche, e poi se ne tornò a casa. Si misero in cammino, e Pollicino non disse niente ai fratelli di quanto sapeva.
Entrarono in un bosco foltissimo, dove a dieci passi di distanza non si vedevano l'un l'altro. Il padre si mise a spaccar legna, e i piccini a raccoglier frasche per farne fascinotti. Vedendoli così occupati, il babbo e la mamma si allontanarono a poco a poco e poi, per una straducola di traverso, via di corsa.
Quando si videro soli, i bambini si dettero a gridare e a piangere il più che potevano. Pollicino li lasciava gridare, ben sapendo per che via ritornare a casa; poichè cammin facendo, avea lasciato cader per terra le pietruzze portate in saccoccia. "Non abbiate paura, disse, fratelli miei; il babbo e la mamma ci han lasciati qui, ma io vi ricondurrò fino a casa: seguitemi."
Lo seguirono, e per lo stesso cammino, guidati da lui, traversarono il bosco e tornarono a casa. A bella prima, non osarono entrare, ma si fermarono davanti alla porta, per sentire quel che la mamma e il babbo dicevano.
Arrivati a casa dal bosco, lo spaccalegna e la moglie ricevettero dieci scudi, che da un pezzo doveano riscuotere dal signore del villaggio e sui quali non contavano più. Si sentirono rinascere, tanta era la fame che li tormentava. Il marito mandò subito la moglie dal beccaio. E poichè da molto tempo si stava digiuni, la donna comprò tanta carne che poteva bastar per sei persone non che per due. Saziati che furono, disse la poveretta: "Ahimè, dove saranno ora quei poveri piccini! Che festa farebbero di questi avanzi. Colpa tua, Guglielmo, che volesti perderli; io te lo dissi che ci saremmo pentiti. Che faranno ora nel bosco? O Dio! chi sa che i lupi non gli abbiano mangiati! Sei proprio cattivo tu di aver così perduto i figli tuoi!" Lo spaccalegna, dalli e dalli, gli scappò la pazienza, e minacciò di batterla, se non si stava zitta. Non già che non fosse più addolorato di lei; ma la moglie ciarliera gli rompeva la testa ripetendogli che l'avea detto, ed egli era come tanti altri, cui piacciono le donne che dicono bene, ma che non possono soffrire quelle che hanno sempre ben detto.
La moglie si struggeva sempre in lagrime e badava a ripetere: "Ahimè! dove saranno i miei figli, i miei poveri figli!" E così forte disse queste parole, che i piccini gridarono di fuori: "Siamo qui! siamo qui!" Subito corse ad aprir la porta ed esclamò abbracciandoli: "Come son contenta di rivedervi, anime mie! Dovete essere stanchi ed affamati; e tu, Pietruccio, come sei inzaccherato! Vien qui, che ti lavi".
Pietruccio era il maggiore dei figli, il beniamino suo, perchè era rosso di capelli come lei!
Si misero a tavola, e mangiarono con una fame che facea piacere al babbo e alla mamma, ai quali raccontarono la paura che aveano avuto nel bosco, parlando quasi sempre a coro. La contentezza dei genitori fu grande, ma durò solo fino a che durarono i dieci scudi; finiti questi, ricaddero i poveretti nella disperazione di prima, e da capo decisero di perdere i figli, portandoli, per non mancare il colpo, molto più lontano della prima volta.
Per segreto che fosse il complotto, Pollicino ne afferrò qualche parola, e subito contò di cavarsi d'impaccio come la prima volta; ma, benchè si alzasse di buon mattino per raccoglier pietruzze, non riuscì nell'intento, perchè trovò chiusa a doppia mandata la porta di casa. Non sapea che fare, quando, avendo la mamma dato a ciascuno un pezzo di pane per la colazione, ei pensò di servirsi del pane invece che delle pietruzze, sbricciolandone la mollica lungo la strada che avrebbero fatto; epperò se la cacciò bene in saccoccia.
Il babbo e la mamma li menarono nel punto più fitto e scuro del bosco, e poi, infilata una scorciatoia, li piantarono soli. Pollicino non se n'afflisse gran che, credendo di poter ritrovare la via di casa per mezzo del pane sbricciolato cammin facendo; ma fu molto sorpreso, quando non riuscì a trovarne nemmeno una briciola: gli uccelli erano venuti e aveano mangiato ogni cosa.
Figurarsi la loro afflizione! Più camminavano, più si sperdevano e si sprofondavano nel bosco. Venne la notte, e un gran vento si levò, che faceva loro una paura terribile. Da tutte le parti parea loro di sentire gli urli dei lupi che venivano per mangiarli. Non osavano quasi parlare nè voltar la testa. Sopravvenne un acquazzone, che li bagnò fino all'osso; sdrucciolavano ad ogni passo, ruzzolavano nella mota e si rialzavano tutti inzaccherati, non sapendo che fare delle loro mani.
Pollicino si arrampicò in cima ad un albero, per vedere se gli riuscisse di scoprir qualche cosa; voltò la testa di qua e di là, e scorse alla fine un piccolo chiarore come d'una candela, ma lontano assai, di là dal bosco. Discese dall'albero, e quando fu a terra non vide più niente, purtroppo. Nondimeno, dopo aver camminato ancora, un po' coi fratelli verso la parte del chiarore, lo rivide uscendo dal bosco.
Arrivarono finalmente alla casa dov'era la candela, non senza molta paura; perchè spesso la perdevano di vista, quando scendevano in qualche sentiero più basso. Bussarono alla porta. Una buona donna venne ad aprire, e domandò che cosa volessero. Rispose Pollicino che erano dei poveri bambini sperdutisi nel bosco, e che domandavano per carità un posticino per dormire. La donna, vedendoli tutti così bellini, si mise a piangere. "Ahimè! disse, poveri piccini, dove siete capitati! Sapete voi che questa è la casa d'un Orco, che si mangia i bimbi? — Ahimè! signora, rispose Pollicino, che tremava tutto come i fratelli, e che faremo noi? Se non ci date ricovero, non può mancare che stanotte stessa non ci mangino vivi i lupi del bosco. Se così dev'essere, meglio è che ci mangi il signor Orco; può anche darsi che abbia pietà di noi, se voi vi compiacerete di pregarlo".
La moglie dell'Orco, credendo di poterli nascondere al marito fino alla mattina, li lasciò entrare e li fece scaldare davanti a un bel fuoco; perchè c'era un montone intiero allo spiedo per la cena dell'Orco.
Cominciarono a scaldarsi, quando udirono tre o quattro colpi bussati forte alla porta: era l'Orco che tornava. Subito la donna li fece nascondere sotto il letto, e corse ad aprire. L'Orco domandò prima se la cena era pronta e se il vino era spillato, e senz'altro si mise a tavola. Il montone era ancora sanguinolento, ma egli lo trovò squisito. Fiutava intanto a dritta e a sinistra, dicendo che sentiva odore di carne fresca. "Dev'essere, disse la moglie, quel vitello, che or ora ho apparecchiato per cucinarlo domani. — Io sento la carne fresca, ti ripeto, riprese l'Orco guardando di sbieco alla moglie. Gatta ci cova! E così dicendo, si alzò dalla tavola e andò diritto al letto.
"Ah! esclamò, ecco come mi vuoi infinocchiare, strega maledetta! Non so chi mi tenga dal mangiar te per la prima. Fortuna per te che sei una bestia vecchia. Ecco della caccia che mi arriva a proposito per trattare tre Orchi amici miei, che verranno fra giorni a farmi visita".
Li tirò uno dopo l'altro di sotto al letto. I poveri piccini si gettarono in ginocchio, domandando pietà: ma pur troppo avean da fare col più feroce di tutti gli Orchi, il quale, non che impietosirsi, li divorava già con gli occhi, e diceva alla moglie che sarebbero stati con una buona salsa manipolata da lei altrettanti bocconi appetitosi.
Andò a prendere un coltellaccio, e avvicinandosi ai bimbi, lo andava affilando sopra una lunga pietra che teneva nella mano sinistra. Ne avea già agguantato uno, quando la moglie gli disse: "Che volete fare a quest'ora? Non avrete forse tempo domani? — Zitto là! le gridò l'Orco, saranno così più teneri. — Ma ne avete tanta della carne, ribattè la moglie: ecco qua un vitello, due montoni e mezzo maiale! — Hai ragione, disse l'Orco; dà loro una buona cena, perchè non dimagrino, e mettili a letto".
La buona donna, tutta contenta, portò loro da cena; ma nessuno di loro potè mangiare tanta era la paura. L'Orco intanto si rimise a bere, felice di aver sotto mano un bel pasto pei suoi amici. Tracannò una dozzina di bicchieri più del solito, il che gli diè un poco alla testa e lo costrinse a mettersi a letto.
L'Orco avea sette figlie, tutte piccine. Queste piccole orche aveano tutte una bella carnagione, perchè mangiavano carne fresca come il padre; ma aveano degli occhietti grigi e tondi, il naso ad uncino e una boccaccia fornita di denti lunghi, puntuti e slargati. Molto cattive non erano ancora; ma davano di sè belle speranze, perché già mordevano i bimbi per succhiarne il sangue.
Di buon'ora le avean mandate a dormire e tutte e sette erano distese in un gran letto, ciascuna con in capo una corona d'oro. Nella stessa camera c'era un altro letto, egualmente grande; e fu in questo che la moglie dell'Orco fece coricare i sette bambini; dopo di che, se n'andò a pigliar posto nel letto del marito.
Pollicino aveva intanto notato che le figlie dell'Orco aveano in capo delle corone d'oro; e poichè temeva che l'Orco s'avesse a pentire di non averli scannati la sera stessa, si alzò verso la mezzanotte, prese il berretto proprio e quelli dei fratellini, e piano piano li andò a mettere in capo alle figlie dell'Orco, dopo aver loro tolto le corone d'oro. Queste qui poi se le misero lui e i fratelli, affinchè l'Orco scambiasse loro per le figlie, e le figlie pei ragazzi che volea scannare. La cosa andò per l'appunto come l'avea pensata; perchè l'Orco, svegliatosi sulla mezzanotte, si rammaricò di aver rimandato al domani quel che potea fare il giorno prima. Saltò dunque dal letto e, afferrato il coltellaccio: "Orsù, disse, andiamo a vedere come stanno quei biricchini: non ci pensiamo su due volte".
Salì a tentoni nella camera delle figlie, e si accostò al letto dov'erano i ragazzi, i quali tutti dormivano, meno Pollicino che ebbe una paura terribile quando si sentì toccare la testa dalla mano dell'Orco, che gíà avea toccato la testa dei fratelli. L'Orco che sentì le corone d'oro: "Stavo per farla grossa, brontolò; si vede che ho bevuto troppo iersera. Si accostò poi al letto delle figlie, e quando ebbe palpato i berretti: "Ah! eccoli, disse, i bricconcelli! Lavoriamo da bravi!" Così dicendo, e senza esitare un momento, tagliò la gola alle sue sette figlie, e tutto contento della bravura, se ne tornò da basso accanto alla moglie.
Non appena udì russare l'Orco, Pollicino destò i fratelli e disse loro che si vestissero presto e lo seguissero. Discesero in punta di piedi in giardino e saltarono di sopra al muro. Corsero quasi tutta la notte, tremando sempre e senza sapere dove andassero.
Svegliatosi l'Orco, disse alla moglie: "Va di sopra e apparecchiami quei furfantelli di iersera." L'Orca si maravigliò di tanta bontà nel marito, e subito montò di sopra, dove ebbe un colpo quando vide le sette figlie scannate che nuotavano in un mare di sangue.
Cominciò per venir meno, perchè questo è il primo espediente che le donne trovano in casi simili. L'Orco, vedendola tardare, andò anche lui di sopra ed ebbe a trasecolare davanti all'orribile spettacolo. "Che ho fatto! esclamò. Me la pagheranno quegli sforcati, e subito!"
Gettò una pentola d'acqua nel naso della moglie, e quando la vide tornare in sè: "Dammi presto, disse, i miei stivaloni dl trenta miglia, affinchè li raggiunga". Detto fatto, si mise in cammino, e dopo aver corso lontano di qua e di là, entrò finalmente nel sentiero dove camminavano i poveri ragazzi, che erano solo a cento passi dalla casa del babbo. Videro l'Orco che andava di montagna in montagna e traversava i fiumi come se fossero ruscelletti. Pollicino, visto non lontano una roccia scavata, vi si nascose coi fratelli, guardando sempre a quel che l'Orco faceva. L'Orco, che si sentiva spossato dal lungo cammino, perchè gli stivaloni di trenta miglia stancano maledettamente chi li porta, volle riposarsi e andò a sedere, per caso, proprio sulla roccia dove i piccini stavano nascosti.
Siccome non ne poteva più, pigliò sonno dopo un poco, e cominciò a russare con tanto fracasso che i poveri bambini ebbero la stessa paura di quando l'avean visto col coltellaccio in mano, pronto a scannarli. Pollicino ebbe meno paura degli altri, e disse ai fratelli che subito scappassero a casa mentre l'Orco dormiva sodo, e che di lui non si dessero pensiero. Quelli seguirono il consiglio e in meno di niente furono a casa loro.
Pollicino si accostò all'Orco, gli cavò pian pianino gli stivaloni e se li mise. Gli stivaloni erano molto grandi e larghi; ma siccome erano anche fatati, aveano il dono di allargarsi o di stringersi secondo la gamba di chi li calzava; sicchè a Pollicino andarono a pennello, come se per lui fossero stati fatti a misura.
Se n'andò difilato alla casa dell'Orco, dove trovò la moglie di lui che piangeva sempre accanto alle figlie scannate. "Vostro marito, le disse Pollicino, è in gran pericolo; è incappato in una banda di ladri, e questi hanno giurato di ammazzarlo se egli non dà loro tutto il suo danaro. Nel punto che gli tenevano il pugnale alla gola, egli mi ha visto e mi ha pregato di correre ad avvertirvi e di dirvi che mi consegniate tutti i valori, nessuno escluso, se no lo scannano senza misericordia. Siccome la cosa è urgente, ha voluto anche che prendessi i suoi stivaloni di trenta miglia, sì per far presto sì perchè non m'aveste a pigliare per un imbroglione".
La buona donna, più impaurita che mai, gli diè subito quanto aveva; perchè l'Orco era un marito eccellente, con tutto che mangiasse i bimbi. Pollicino, carico di tutte le ricchezze dell'Orco, se ne tornò alla casa paterna, dove fu accolto a braccia aperte.
A questo particolare molti non credono. Pollicino, dicono costoro, non ha mai fatto questo furto all'Orco; e se gli prese gli stivaloni, lo fece perchè l'Orco se ne serviva per correre dietro i bambini: questo essi sanno di sicuro, avendo anche mangiato e bevuto in casa del taglialegna. Affermano poi che quando ebbe calzato gli stivaloni dell'Orco, Pollicino se n'andò alla corte, dove sapeva che si stava in gran pensiero per un esercito che si trovava lontano 700 miglia e che avea dato battaglia chi sa con quale esito. Si presentò, dicono, al re, e gli disse che se voleva notizie gliene avrebbe portato prima di sera. Il re gli promise, dato che riuscisse, una grossa somma. Pollicino portò la notizia la sera stessa; e così, fattosi un nome per questa prima bravura, guadagnava quel che voleva; perchè il re lo pagava profumatamente per portar gli ordini ai soldati e moltissime dame gli davano quanto più volesse per aver notizie dei loro amanti, anzi fu questo il suo guadagno più grosso. C'erano anche di quelle che lo incaricavano di portar le lettere ai mariti; ma lo pagavano così male ch'ei non si degnava mettere a conto quel che guadagnava per questa mano.
Dopo aver fatto un certo tempo il corriere, ammassando una bella fortuna, Pollicino tornò dal padre, dove non si può figurarsi quanto si fu contenti di rivederlo. La famiglia nuotò nell'abbondanza. Pollicino comprò altrettanti impieghi pel babbo e pei fratelli, e quando gli ebbe tutti ben collocati seguitò egli stesso a vivere in corte da gran signore.


vestiti da sposa

Ciao amici e amiche, ci pensate mai al giorno del vostro matrimonio?
Bé io si... e vorrei tanto che fosse da favola... proprio come il vestito che indosserò :) noi ragazze ci pensiamo spesso al vestito da sposa... qui vi posto quelli da donna e quelli da uomo che secondo me sono i migliori e i più belli...

Il primo che vi mostro è bellissimo, è davvero particolare e quindi adatto a una donna che di certo vuole fare bella figura e che non vuole attirare l'attenzione, è per una persona attenta ai minimi particolari :)

Il secondo abito che vi mostro invece è più adatto a chi adora pizzi e merletti e proprio non può farne a meno, molto carino e delicato :)



Il terzo abito che vi mostro invece è riservato a chi adora le cose semplici, senza troppi fronzoli, una persona semplice che non vuole attirare l'attenzione...



Infine abbiamo l'abito da sposa per le donne che vogliono essere alla moda anche in Chiesa e quindi è l'abito colorato :) tipo questo lilla, ma ce ne sono di altri colori come rosso acceso, verde, blu ecc ecc


Per i maschietti invece mi piacciono così gli abiti per quel fantastico giorno...

Per l'uomo che vuole farsi riconoscere in mezzo alla folla, per l'uomo che vuole attirare l'attenzione...un bel grigio metallizzato :)


Altrimenti anche qui c'è l'uomo semplice...


e infine l'uomo in gessato :) bello e semplice...


Bene amici, il mio post termina qui... scegliete il vestito che vi piace di più nel giorno più bello della vostra vita :) ciao!!!

Presentazione

Ciao amici eccomi arrivata con il mio primo blog qui a conquistare il web ;)
Allora intanto piacere, mi chiamo Elisa e quella in foto sono io ovviamente ahah :)

Come state? Spero che state passando bene le vostre vacanze...
Io mi sono fatta parecchia di giorni di mare devo dire :) mi sono divertita molto anche se ho forato il materassino nuovo che mi avevano regalato i miei amici... però pazienza! Ho anche imparato ad andare sott'acqua sapete? So nuotare ma ho il terrore di andare sotto, ma quest'anno munita di tappanaso e mascherina ce l'ho fatta :) ora mi tuffo tranquillamente senza più avere paura, dopo tutto qualche paura nella vita la dovremmo pur affrontare no??

Ho creato questo blog perché visto che ho del tempo libero e mi piace scrivere ho pensato che al posto del classico diario di carta potevo fare un blog tutto mio con dei post tutti miei :) spero che vi piacerà...

L'ho chiamato acqua e sapone non perché sono una tipa acqua e sapone, infatti come si vede dalla foto mi piace truccarmi... ma perché sono una fan del negozio acqua e sapone ahah :) ebbene si! Ci vado ogni settimana a fare rifornimento di tantissimi prodotti... dopottutto lì è super rifornito no? Credo che ci andate pure voi...

Allora amici la mia presentazione termina qui tanto poi col tempo conoscerete anche altri lati del mio carattere ;) quindi vi saluto e ci vediamo al prossimo post che scriverò fra pochissimo! :)

CIAO A TUTTI !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!